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Amore e Odio tra Arte e Fotografia

  • Giacoma Chiella
  • 13 feb 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

E' fondamentalmente l’invenzione di uno straordinario marchingegno che ha completamente rivoluzionato il nostro modo di vedere e affrontare la realtà: la macchina fotografica.

Dal giorno della sua creazione, arte e fotografia non hanno potuto ignorarsi e hanno cominciato a camminare l’una di fianco all'altra influenzandosi a vicenda.

La pittura antica è il tentativo degli artisti di imitare la realtà in modo che lo spettatore davanti a un quadro potesse esclamare “Sembra vero!”.

Nel 1827, Joseph Nicéphore Niépce riesce a ottenere la prima immagine disegnata dalla luce. Dieci anni dopo Louis Daguerre inventa il processo fotografico chiamato dagherrotipo e William Fox Talbot scopre un processo di riproduzione delle immagini con il metodo negativo-positivo.

Gli artisti intuirono ben presto il potenziale di questa nuova invenzione e si resero conto immediatamente che essa avrebbe significato per loro la perdita del monopolio sull’immagine. Reagirono in due modi:

  1. Ci fu chi guardò la fotografia come una minacciosa forma di concorrenza e si scagliò contro di essa criticandone la meccanicità del gesto creativo che escludeva il tocco e la sensibilità dell’artista.

  2. Ci furono invece artisti (giovani e talentuosi) che accettarono il dato di fatto e si confrontarono con essasu piani differenti.

Amata o odiata, la fotografia cambiò e influenzò il modo di fare arte sia per gli uni che per gli altri.

La fotografia diventa uno strumento molto potente per conoscere il mondo. Anche quei pittori che avevano messo in dubbio il suo valore come opera d’arte, non esitarono a servirsene per il proprio lavoro.

La maggior parte delle opere che vediamo oggi nei musei, si trovava un tempo nelle case dei signori o nelle Cappelle private di importanti famiglie aristocratiche, lontanissime dagli occhi indiscreti delle masse. È vero che in un determinato periodo storico la Chiesa ha utilizzato l’arte come mezzo d’insegnamento e d’indottrinamento per il popolo analfabeta, ma ricordiamoci che la percentuale di persone che aveva la possibilità di recarsi a Roma (o in qualunque altra città) e godere le meraviglie del Barocco nascoste nelle sue chiese era davvero esigua.

Un contadino nato in campagna, in campagna ci rimaneva fino alla fine dei suoi giorni, senza quasi mai visitare alcun posto diverso da casa sua.

È (anche) la fotografia che ha definitivamente democratizzato l’arte e l’ha messa alla portata di tutti. Se tu fossi nato nel 1500, per ammirare i capolavori michelangioleschi della Cappella Sistina, di cui tanto si parlava ai tempi, avresti dovuto impegnarti in un lungo viaggio, ma, una volta arrivato a Roma, quale stupore di fronte a una siffatta opera? Oggi prima di arrivare ai Musei Vaticani le immagini dei capolavori in essi conservati ti saranno passate chissà quante volte davanti agli occhi in ogni dettaglio. Lo stupore sarà sempre grande ma capisci che è tutta un’altra cosa.

È sempre la fotografia, attraverso la stampa, che rende la Monna Lisa di Leonardo il dipinto più famoso della storia dell’arte.

Da sempre arte e fotografia si sono guardate da vicino e ognuna ha influenzato l’altra in modi sempre diversi. Ci sono artisti (i cosi detti iperrealisti) che tentano di dipingere con una tale maniacale attenzione al dettaglio da far sembrare le loro opere delle fotografie. Ci sono fotografi, per esempio Gregory Crewdson, che allestiscono il set, giocano con le luci e lavorano in post produzione ottenendo delle fantastiche immagini che sembrano dipinti.

Persa questa battaglia, all'artista non è rimasto altro da fare che sfidare la macchina fotografica in un campo dove lei non poteva arrivare: la rappresentazione dell’invisibile.

 
 
 

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